POLEMICA TRA CENTRO ISLAMICO ED AIDAA SULL’ANIMALISMO

{jcomments on}POLEMICA TRA CENTRO ISLAMICO ED AIDAA SULL’ANIMALISMO…. CON PREGIHERA DI MASSIMA DIFFUSIONE


Visto che siamo stati chiamati in causa, ci sembra
 opportuno chiarire il nostro punto di vista. Da un
 lato distinguiamo fra la coscienza ecologica seria,
 quella che ha a cuore i problemi dell’ambiente, 
 dall’ideologia denominata “anamalismo”, che invece ci
 appare delirante ed estremista, incline com’è a porre
 in secondo piano la tutela degli esseri umani rispetto
 ad una presunta e malintesa tutela degli animali.
 Questa ideologia estremista si è talmente diffusa che
 Comuni hanno addirittura creato degli “Assessorati per
 la tutela dei diritti degli animali”, il che sarebbe
 sufficiente a imporre a tutti gli interessati di
 studiare qualche nozione basilare di giurisprudenza,
 per apprendere che parlare di “diritti” degli animali
 è una vera idiozia, visto che soggetto del diritto è
 la persona, fisica o giuridica, e che l’animale non è
 né persona fisica, né persona giuridica.

I “diritti”
 degli animali in quanto tali dunque non esistono in
 alcun sistema giuridico, e per definizione non possono
 esistere. Esistono semmai i doveri delle persone
 rispetto al trattamento degli animali, il che è cosa
 ben diversa. Da questo punto di vista, ci sembra
 doveroso rammentare che il precedente storico
 dell’animalismo si trova nelle “leggi per la
 protezione degli animali e della natura” approvate dal
 regime nazista su  istanza di Goering. Perché alla
 base dell’animalismo vi è sempre e comunque il
 disprezzo per l’essere umano.
 Ci sembra che – con tutti i problemi che esistano nel
 mondo d’oggi – sia veramente ridicolo pensare ad una
 petizione per chiedere al papa di rinunciare alla
 pelliccia d’ermellino. Fra i suoi cavalli di
 battaglia, l’animalismo ha l’odio nei confronti delle
 pellicce (e di quei poveri esseri umani che le
 indossano), senza evidentemente riflettere sul fatto
 che tutti noi indossiamo scarpe di cuoio, cinte di
 cuoio,  usiamo portafogli e borse di cuoio, ci
 nutriamo di animali, ecc. C’è però – nel pensiero
 animalista – questa  illogica distinzione secondo cui
 i visoni e gli ermellini (animali che non sono affatto
 a rischio d’estinzione per via della caccia, ma ma che
 vengono allevati) andrebbero “difesi a spada tratta”,
 mentre il problema non esisterebbe per altri animali
 d’allevamento come i polli, i buoi o le galline.
 Quanto all’inasprimento delle pene per chi abbandona
 un animale, riteniamo che semmai il problema sia un
 altro. Il paradosso cui ha portato il diffondersi del
 fanatismo animalista è proprio questo: non è più
 possibile sopprimere legalmente gli animali randagi, e
 i Comuni debbono sobbarcarsi spese non indifferenti
 per mantenere i randagi catturati che non possono più
 essere soppressi, e soprattutto non è più possibile
 usufruire di canali che CONSENTANO LEGALMENTE di
 disfarsi di un animale che non si è più in grado di
 mantenere.  I frequenti “abbandoni” dipendono anche da
 questo vuoto legislativo: in Italia ci si può
 benissimo DISFARE DI UN BAMBINO (basta che la madre
 decida di non riconoscerlo e lo lasci in ospedale), ma
 non ci si può invece DISFARE DI UN CANE O DI UN GATTO,
 eccetto che con mezzi illegali. Supponiamo che
 qualcuno acquisisca una maggiore coscienza dell’igiene
 domestico, e quindi diventi consapevole dei quanti
 microbi e germi introduce in casa un cane che viene
 portato ogni giorno a camminare per la strada e ad
 annusare gli escrementi di altri cani;  supponiamo che
 una famiglia abbia un nuovo figlio,e  che non sia
 talmente irresponsabile dal voler far convivere un
 neonato con una fonte di possibile germi come un cane
 o un gatto. Cosa si può fare in questi casi per
 disfarsi legalmente degli animali che non si vuole più
 non si è più in grado di mantenere? Proprio nulla!
 L’unica soluzione pratica è quella – illegale -
 dell’abbandono in istrada. 
 Per questo pensiamo che la strada da percorrere sia
 l’esatto opposto di quella proposta dagli animalisti:
 fornire alla popolazione corsi che permettano di
 comprendere quali siano i rischi connessi alla
 convivenza in casi con animali, e strumenti che
 permettano di attuare praticamente una più evoluta
 consapevolezza dell’igiene domestico.  
 Poi – invece di sanzionare chi “abbandona” gli animali
 – sarebbe semmai il caso di sanzionare chi COSTRINGE
 gli animali a vivere in appartamenti urbani sprovvisti
 di giardino, sia per la violenza che compiono sugli
 animali, sia per il danno causato a  condòmini,
 compresi anziani, bambini, ammalati, spesso costretti
 a sopportare giorno e notte i lamenti di animali
 presunti “domestici” (in realtà l’unico animale
 domestico è l’uomo, gli altri sono animali
 addomesticati con la violenza), chiusi in appartamenti
 da proprietari che spesso sono assenti – per motivi
 di lavoro – per l’intera giornata. 
 Mi rendo però benissimo che ad affermare una cosa del
 genere rischiamo che i fanatici dell’animalismo ci
 mangino vivi… Che una persona che sceglie di
 convivere con un animale lo fa perché ha scarse
 nozioni in materia di igiene è una realtà di fatto. Ma
 si può ancora dirlo?
 Kalim


                   Risposta alla provocazione di Mr Kalim da parte di Valdo Vaccaro

Valdo Vaccaro – direzione AVA-Roma

L’ANTIANIMALISMO DI MARCA ISLAMICA

Un profilo psicologico personale sull’autore della provocazione

Prima di parlare dell’articolo in questione, caratterizzato da una scarica di dogmatismo, da discutibili concetti legislativi, da pregiudizi e gravi illazioni contro l’odiata, delirante, irresponsabile masnada animalista, e’ il caso di fare qualche ipotesi psico-patologica sull’autore di questo messaggio circolante su Internet.
Chiaro che non c’e’ nulla di aprioristico e personale contro un Kalim che nemmeno conosciamo.
Ma tale analisi e’ strumentale per capire come una persona civile e preparata possa a volte cadere in questo tipo di spropositi mentali.
Dai toni e dalla sicurezza con cui si esprime, con cui spara sentenze definitive e inappellabili, da giudice universale privo di contradditorio e privo di dubbio, pare inizialmente di trovarsi di fronte a una persona saggia dalla barba bianca e di 1000 anni di età, carica di furore razionalistico, antivegetariano e antianimalista, carica di giustizialismo etico proveniente, come vedremo, dalla sponda sbagliata.
Ma, a ben guardare, ci si rende conto alla fine di avere a che fare con una persona che, in questa circostanza, si dimostra presuntuosa e limitata, ragionante per pregiudizi e semplificazioni, capace di inserire pure qualche brano veritiero, che finisce pure per stonare, circondato com’è da troppe considerazioni inopportune ed aberranti.
Non conosciamo in effetti il mondo che si nasconde sotto il nome di Kalim, a parte l’evidente matrice islamica.
Ma rispondiamo a lui come risponderemmo esattamente a uno di fede cristiana, a un italiano di nome Rossi, perché quello che conta sono i concetti e le idee, e non il luogo di loro provenienza, e ancor meno la razza e il colore della pelle.
Ma, se ci sbagliassimo, se ci trovassimo magari di fronte a qualcuno dotato di capacità di giudizio, di senso critico, di oggettività e ponderatezza nelle valutazioni, vorrebbe dire che tale persona sarebbe incappata, nello scrivere tale obbrobrio, in un momento di leggerezza intellettuale, in una di quelle situazioni mentali prive di sprint e di ispirazione che possono capitare anche nelle migliori famiglie.
Il problema e’ che non si può impunemente pretendere di fare da moralizzatori e da razionalizzatori se non si posseggono quegli strumenti cognitivi e culturali  che sono indispensabili a sostenere dignitosamente e con decoro le proprie affermazioni.
Andiamo dunque a rispondere all’indicibile Mr Kalim, e ai tanti che potrebbero  condividere in toto o in parte il Kalim-pensiero.

Una distinzione inopportuna tra coscienza ecologica e animalismo

La distinzione iniziale tra coscienza ecologica buona e razionale, e animalismo delirante e fanatico, a parte gli aspetti denigrativi che non ci toccano in alcun modo,
è già un primo passo clamorosamente erroneo, una deviazione dalla scienza e dalla concreta realtà.
Effetto serra, riduzione drammatica delle foreste e a paludi, per fare posto a monocolture di mais finalizzate all’alimentazione animale, sono un noto e riconosciuto fenomeno dei nostri anni di carnivorismo acuto.
Esiste il problema della insostenibilità sociale ed economica del sistema basato sulla alimentazione carnea.
Produrre un chilo di carne, putrefattiva, cancerogena, ossidante, acidificante, uricemizzante, costa in termini di energia elettrica, di acqua e di materiale inquinante da riciclare, 1000 volte di più che produrre i 4 chili di frutta e verdura necessari a fornire la quota energetica quotidiana necessaria a far sopravvivere in piena forma e salute un essere umano.
Come si fa dunque a dire che l’ecologismo e’ una cosa e l’animalismo un’altra, e che nulla a che fare o che magari fa a pugni con l’ecologia?
Ce lo venga a spiegare il nostro Kalim.

Animalismo che significherebbe disprezzo per l’essere umano

Alla base dell’animalismo vi e’ sempre e comunque il disprezzo per l’essere umano, sostiene Kalim.
Basta poco a correggere il suo bofonchiare scoordinato e senza senso.
Alla base dell’animalismo vi e’ la difesa degli animali più tormentati, degli animali privi di qualsiasi tutela, nonché il disprezzo eventuale per una determinata e vasta categoria di persone che fanno finta di non vedere e di non sentire la drammaticità del problema, che remano contro una storica e quanto mai auspicabile sanatoria della belligeranza tra uomo e animale.

Le etichette non ci piacciono affatto

L’AVA, di cui siamo appassionati membri, sta per Associazione Vegetariana Animalista, pertanto non c’ e’ nulla di strano se qualcuno ci chiama animalisti, spesso magari con una punta di malanimo e disprezzo, visto che già la parola animale di per sé connota e coinvolge in senso negativo.
L’offesa peggiore che puoi fare a un uomo è chiamarlo animale.
La bestemmia più cattiva e infamante, persino nelle zone dove la pessima abitudine di dare dei nomignoli al creatore e’ ai massimi livelli, tipo Toscana e Friuli, e’ quella di chiamare porco, o cane, o semplicemente animale il proprio dio.
Non siamo amanti delle etichette. Più che animalisti, noi ci sentiamo persone estremamente normali, dotate però di tutti gli attributi mentali, psicologici e sensibili di cui ogni essere umano dovrebbe essere dotato.
Molto più corretto sarebbe chiamarci umanisti o creaturisti, o gente che ha a cuore il corpo e l’anima dell’uomo e di tutte le creature che ci fanno compagnia nella nostra breve apparizione a tappe su questo pianeta.
Volendo proprio generalizzare e metterci dentro in quella categoria animalista che Mr Kalim odia e disprezza oltre ogni limite, facciamo presente che esistono delle modalità giuste e sbagliate, sensate e non, di essere animalisti.
C’e’ l’animalista che reclama a gran voce il regno del gatto e la repubblica del cane, e che adora  i suoi idoli a quattro zampe da vivi e da morti, pretendendo pure un cimitero con lapidi e fotografie per i posteri, mentre si disinteressa totalmente degli altri animali più maltrattati e brutalizzati dall’uomo, come per l’appunto le bestiole cosiddette da allevamento o, ancora più cinicamente, da carne.
Pertanto, prima di partire a testa bassa e lancia in resta contro gli aspetti ridicoli e incoerenti di certe situazioni che sono non l’animalismo vero e proprio, inteso come
amore e difesa razionale, seria, generalizzata, di tutte le creature viventi della Terra, ma la barzelletta e la presa in giro dell’animalismo, il Signor Kalim avrebbe dovuto fare prima le dovute distinzioni, e poi eventualmente lanciare i suoi strali e le sue irrazionali polemiche.

L’idea balorda che difendere gli animali significhi mettere in secondo piano la tutela degli uomini

La teoria di Kalim verte sul fatto che la tutela malintesa e presunta degli animali significhi mettere in secondo piano la tutela degli uomini.
Trattasi di una posizione che fa acqua da tutte le parti.
Anche qui emerge la sua inguaribile tendenza a generalizzare e a fare di ogni erba un fascio, al punto che non sappiamo se il suo argomentare sia sempre farina del suo sacco o merce ideologica bacata derivata dal suo mondo religioso di appartenenza.
Il nostro principio, vero e incontestabile, e’ che difendendo gli esseri più deboli e i più oppressi, si può passare concretamente alla difesa anche di quelli più sfortunati, cioè gli animali segnati dalla sorte iniqua della macellazione.
L’intera storia di quegli animali sta nelle loro targhette identificative personali che riportano il passato e il presente della loro vita.
Il loro cartellino riporta le tappe forzate della loro sventurata esistenza:

a) Stupro e gravidanza meccanica non voluta dalla propria madre.
b) Nascita e svezzamento sbrigativo e da incubo, con stacco disumano dalle cure della loro mamma mucca.
c) Adolescenza fatta di lacci e catene, di oscurità, di privazione sistematica di ogni amicizia e di ogni affetto familiare, diniego di ogni concessione di luce e calore solare, divieto di ogni passeggiata su un prato verde dove brucare in continuazione dell’erba fresca (indispensabile condizione per mantenere un bovino in salute).
d) Alimentazione accelerata, perversa e dopante, mirata a moltiplicare il ritmo di crescita in modo intensificato ed abnorme, basata su farine ossee di altri animali uccisi precedentemente, e basato sugli ormoni della crescita come la somatotropina, vietata in Europa ma tuttora legale negli Usa e in Argentina, e in diversi altri stati.
Questo tipo di alimenti permette loro di raggiungere e superare prima dei 3 anni di età il peso ragguardevole di 700 chilogrammi.
e)  Macellazione anticipata ai 2 anni e 10 mesi, per fare in modo che cancro e BSE (mucca pazza), logiche conseguenze di tali metodi, non facciano ancora la loro
apparenza, causando bocciature sanitarie e veterinarie.

E’ chiaro che per difendere gli schiavi, i diversi, i poveri e gli ultimi, i neri e i gialli, occorre difendere prima quelli che stanno ancora peggio, perché, al posto di avere della pelle di colore diverso, hanno una pelliccia o hanno delle piume, sotto le quali però c’è un cuore che batte, un sangue che circola, pensieri e sentimenti che si mescolano, paure e angosce che corrodono, telepatie e influssi che si diffondono.
Tutto il contrario di quanto cerca di sostenere su basi precarie, e con ragionamenti che non reggono, il caro giudice anti-animalista Kalim.

Le leggi naziste sulla difesa degli animali.
Le brutture di oggi non sono minori di quelle di ieri, vedi la guerra Usa della bistecca contro la Korea.
Come può pretendere una leadership mondiale un paese retto dai caseari e dai macellai?

Il quale Kalim poi, anziché menzionare correttamente che in tutta la fascia indo-mediorientale-mediterranea, per 1000 e più anni esistette l’esilio e la pena di morte per chi si azzardava a ferire o a macellare un bovino, cita chissà perché le leggi di Goering sulla protezione degli animali.
Comprendiamo che Hitler e camerati abbiano lasciato delle orme infamanti durante il breve percorso della loro disgraziata esperienza storica.
Non conosciamo in dettaglio il contenuto delle loro leggi sugli animali, e non e’ detto che esse non siano leggi valide.
Non tutto quello che fecero fascisti e nazisti era però necessariamente sbagliato e cattivo, come non tutto quello che fa il mondo libero e democratico di oggi e’ giusto e razionale.
Chi ci dice che l’assurgere dell’America e dell’Inghilterra a potenze prendi-tutto nei mercati mondiali delle materie prime strategiche, non sia stato il motivo scatenante della Seconda Guerra Mondiale?
Chi ci dice che la stessa figura di Hitler, nei suoi peggiori e più devastanti aspetti dittatoriali, non sia stata prodotta e peggiorata dalla situazione di duopolio anglo-americano che impediva gli sbocchi sia a Hitler che a Mussolini?
Chi ci dice che le stesse persecuzioni ebraiche non siano state pungolate dal fortissimo ruolo che gli ebrei avevano nella finanza americana? 
Nessuno vuole con questo giustificare Hitler e i suoi orribili crimini. E fanno bene gli israeliani di oggi a cercare uno ad uno i responsabili della Shoah che ancora si nascondono in giro per il mondo.
La guerra della bistecca che gli USA, campioni di democrazia e di libertà, stanno oggi imponendo alla Corea del Sud, usando il terribile ricatto di bloccare l’import di auto coreane negli Stati Uniti, e’ solo una delle prove che le brutture di oggi poco o nulla hanno da invidiare a quelle di ieri.
Imporre a un altro paese, a una nazione intera, della carne sospetta e non voluta, anche perché trattata con ormoni ed altro, da mettersi forzatamente nel frigo di ogni famiglia coreana, e’ quanto di peggio uno stato possa esprimere in tempo di relativa pace, poco importa se alla Casa Bianca sta per andare McCain o Barak Osama, in sostituzione di un Bush che non vede l’ora di andarsene.
La ricchezza di uno stato non si misura col suo PIL (prodotto interno lordo) o con l’efficienza e la resa delle sue industrie, ma piuttosto nel modo in cui quel paese tratta e difende gli animali, che sono le creature piu’ deboli all’interno dei suoi confini, scrisse Il Mahatma Gandhi, e noi siamo motivati a dirlo e ripeterlo, visto che la gente, anche quella che non dovrebbe farlo, tende troppo a dimenticare.
Anche il Kalim, che pretende di qualificare  la difesa dei diritti animali come pura idiozia, dovrebbe fare una lunga riflessione e dire poi a se stesso che e’ stato davvero uno sprovveduto di bassa lega a scrivere quelle fesserie.
Pentirsi e riconoscere l’errore restituisce a chi e’ in colpa ogni dignità, e lo reintegra a pieno titolo nel mondo dei saggi. Ci pensi un po’ su.
Non pretendiamo che George Bush o la sua Condoleezza Rice, o i suoi successori leggano questo scritto, ma il mondo deve sapere che, se per far riguadagnare quota alla nazione americana, per far volare di nuovo le borse e Wall Street, serve davvero forzare la Corea ad acquistare 50 navi/anno con i cadaveri di 3 milioni di manzi di neanche 3 anni, siamo arrivati proprio al capolinea della civiltà americana.
Sarà meglio che l’America restituisca ai francesi la bella statua della Libertà che fa da guardia alla Baya di Manhattan, e che provveda ad erigere, in alternativa, una nuova statua raffigurante un bovino col coltellaccio impiantato sulla gola, assai più coerente e in linea con quello che e’ oggi il paese della bandiera a stelle e strisce.
Come puo’ uno stato pretendere di essere guida morale e politica del mondo, avendo alla sua testa non il partito democratico e il partito repubblicano, ma il partito degli allevatori, dei caseari e dei macellatori?

L’animale non può essere tutelato perchè non è persona fisica ne’ persona giuridica

Ha ragione Kalim a dire che per le leggi umane, studiabili in giurisprudenza, l’animale non e’ persona fisica e non e’ ente giuridico, per cui giuridicamente non esiste nemmeno, e quindi non ha apparentemente alcun diritto.
Vendere una mucca o vendere un frigorifero e’ la stessa dannata cosa. Non mi fate ne’ caldo ne’ freddo voi animalisti. Sono un imprenditore commerciale e non un ente di beneficenza, disse il famigerato Henry Pace, commerciante di bovini americano, messo alle strette da un gruppo di vegetariani d’America (da Diet For a New America di John Robbins).
Tra cattolici, islamici ed ebrei non esiste su questo alcuna differenza.
Tutti irreggimentati nel loro sporco e becero carnivorismo.
Pure le belle ragazze, che i solerti Testimoni di Geova sguinzagliano in giro a fare opera missionaria e di proselitismo, si dicono brave percé la carne che mangiano ha regolarmente subito la purificazione dello sgocciolamento-sangue, secondo le regole e i dettami del loro dio improbabile e approssimativo, che apprezzerebbe queste ridicole e assurde superstizioni di basso livello.
Quando mi hanno dato i loro libercoli dal titolo Svegliatevi! ho detto loro un eloquente Vergognatevi! per quello che mi avete detto sulla carne.
Noi non ci inginocchiamo, non facciamo inchini e piegamenti, non operiamo folli circoncisioni, e non ci facciamo nemmeno segni di croce, ma procediamo a testa alta perché, ci sia concesso dirlo senza inutili pudori e false modestie, pensiamo di avere una percezione e un concetto del divino assai meno rozzi, superficiali e formali di quelli che le varie chiese insegnano.

Il primo e il più assoluto ordine di Dio e’ NON AMMAZZARE.
Chi cerca davvero Dio vada a pregare nelle stalle e nei macelli, più che nelle chiese e nelle moschee.

Noi badiamo e puntiamo alla sostanza, al rispetto e non alla sopraffazione del prossimo, uomo o animale che sia.
I segni, le preghiere e le giaculatorie, gli stessi luoghi sacri e di culto non ci interessano, visto che il creatore e’ superiore a queste banalità, e preferisce farsi trovare semmai nei punti caldi dove avvengono le tragedie quotidiane, dove vengono consumati tutti i giorni i peggiori crimini dell’uomo contro i suoi precetti e i suoi veri comandamenti.
Il primo e il più assoluto ordine di Dio e’ NON AMMAZZARE.
D’accordo che la falsità, la crudeltà, la ruberia, non sono cose simpatiche ed accettabili. Ma il primo banco di prova per l’uomo rimane quello.
DIO NON AMA CHI UCCIDE, ha detto recentemente papa Ratzinger.
Hai qualche obiezione al riguardo? Io penso proprio di sì, e non aggiungo altro.
Se uno vuole proprio pregare, rivolgersi a lui, incontrarlo a quattr’occhi, lo troverà di sicuro nelle stalle, tra i cappi , i nodi e le catene che immobilizzano le sue più docili e fantastiche creature, e lo troverà ancora di più tra i macelli rozzi e ad alta tecnologia ammazzatoria del mondo occidentale, o tra quelli più sofisticati e attenti, ma non meno crudeli e orribili, del mondo mediorientale, dove la morte arriva con ancora maggiore efferatezza, visto che il drenaggio del sangue e’ più lento e mirato, e comporta una agonia prolungata e pene più lancinanti.
Ma, per tornare a te, carissimo avvocato Kalim, prima ancora che la legge codificata degli uomini, esistono le leggi perpetue naturali e universali della natura.
Esse stanno al di sopra delle norme cartacee, caduche, imperfette e corruttibili di cui si dotano le società umane.
Non sarà forse che la tua propensione a fare l’Azzeccagarbugli musulmano deriva dal fatto che pure tu hai la coda di paglia come tutti i religiosi del mondo, cattolici e islamici, e spesso persino buddhisti, bravissimi a pregare e prostrarsi verso Gerusalemmi e Mecche, o verso le varie Montagne Sacre dell’Asia, ma ancora più solerti a sgozzare ogni sorta di creature viventi, facendo magari un propiziatorio segno di croce, o stando attenti che il loro sangue fuoriesca e scoli alla perfezione, e diventi così un ottimo prodotto halal, al pari dei tanti biscotti alla melammina che si trovano in tutti i negozi halal e non-halal, carichi cioè di pura e sacra pipì di bovino?
E magari pretenderesti pure di essere chiamato tu il coerente, il razionale, il puro e l’impeccabile, assistito dalla legge dei tribunali terreni e da un dio che ti e’ però lontano non 10000 miglia ma 10000 galassie?
A fare la figura di incompetente, in questo caso, non e’ la gente che invoca i diritti per te inesistenti su creature per te legalmente inesistenti, ma sei proprio tu, che osi vantarti di conoscere in dettaglio la legislazione e pretendi di applicarla in modo freddo e schematico, e quindi paradossalmente anti-legale.
E nessuno venga a dirci che la nostra risposta e’ altrettanto dura e dogmatica rispetto al tuo messaggio.
Noi usiamo argomenti precisi e circostanziati, e non amiamo mescolare le carte con degli abracatabra che non convincono nemmeno il gatto.

Stare dalla parte di Dio significa mantenere fluido e scorrevole il nostro sangue.
Pitagora la sa piu’ lunga di tutti gli altri profeti.
Cattolici e islamici alleati come congrega del fuoco e dell’anti-cultura.

Perché ricordatelo bene, caro indottrinato Kalim, noi umani integri, o se vuoi noi vegetariani-animalisti, non abbiamo codici legali che sovrastino e superino la nostra coscienza, non abbiamo bibbie e altri libri più o meno sacri che ci condizionano e ci fanno da paraocchi e paraorecchi.
La nostra forza sta semmai nel nostro sangue scorrevole e non troppo inquinato, che arriva sempre e dovunque in ogni punto, incluso gli organi sessuali, importantissimi,  inclusi il cervello e l’anima.
Anche la nostra aura, anche i nostri punti chakra e la nostra kundalini, anche la nostra silver-cord, richiedono sangue fluido e sano perché il tutto funzioni al meglio.
I muscoli sono pure importanti ma, in un mondo come quello di oggi, servono più a vincere caduche medaglie che a capire i segreti eterni della vita.
Troppa gente crede di poter celebrare il proprio dio con mantra, parole magiche, ritiri spirituali, funzioni sacre, preghiere e prostrazioni, penitenze e riti, tutte cose di pura convenzione e di ipocrita fede, se manca il comportamento concreto, se hai avvelenato e appesantito il tuo sangue rovinando la preziosa macchina che il tuo creatore ti ha assegnato in responsabile consegna.
E, se proprio vuoi metterla sul piano dei profeti e dei libri, il nostro Pitagora, nato in Grecia nell’isola di Samo, ma vissuto e morto a Crotone (Calabria, punta terminale dello stivale italico) 2500 anni fa, dopo una esistenza spesa a scorrazzare tra l’Egitto, l’India e la Mesopotamia, la sapeva e la sa più lunga di tutti gli altri profeti, e a nulla sono valsi i giganteschi roghi delle antiche librerie, scatenati a turno dall’inquisizione cattolica e dal fanatismo di marca islamica, in folle e disgraziata gara a chi bruciava di più nel corso dei secoli trascorsi.
Ciononostante, il messaggio illuminante ed eterno di Pitagora e’ giunto sino a noi, parallelamente a quei teoremi che pure voi usate quotidianamente nelle vostre scuole.
Le religioni del mondo amano troppo le fiamme e odiano da sempre la libera ricerca, la libera cultura, la libera scienza. Sono costantemente disposte a fare carte false, pur di espandere la loro caduca potenza terrena, sempre a spese della loro potenza e della loro integrità spirituale. Chiese, minareti  e templi, saranno presto spazzate via e trasformate in scuole e negozi, o in residui archeologici di un malsano tempo che fu, perché Dio non sta assolutamente da quelle parti.
Se il Partenone, le Piramidi, la Grande Muraglia e il Colosseo fossero stati eretti non in pietra massiccia ma in legno, non avremmo oggi a nostra disposizione
nemmeno tali vestigia su cui riflettere e rispecchiarci, perché le chiese avrebbero dato fuoco pure ad essi.

Religiosità posticcia e religiosità vera.
Noi siamo amici dell’uomo, prima ancora che degli altri animali.
Ci opponiamo duramente alla blasfema presunzione e ai mangiatori di mummie.

Esattamente come Pitagora, non crediamo agli atti formali di sottomissione e di posticcia devozione, negli inchini melensi e ipocriti, ma negli atti concreti.
Non siamo affetti dal virus dell’antropocentrismo che fa credere all’uomo di essere sempre e comunque al centro del mondo.
L’uomo e’ un essere speciale e straordinario, se si comporta da uomo.
Diventa invece il più maledetto e lercio dei mascalzoni, quando crede, con blasfema presunzione, di infrangere a suo piacimento le regole e gli schemi divini.
Ecco, Kalim, dove non hai capito nulla dell’animalismo.
Noi siamo innanzitutto amici dell’uomo, di quello giusto, ma anche di quello disposto ad aggiustarsi ed evolvere in senso positivo.
E siamo duri oppositori di quei bipedi pieni di spocchia e di superbia che pensano di essere imperatori in terra, e che continuano a cibarsi di mummie e cadaveri, di articoli cimiteriali e da obitorio, di latte violento derubato cinicamente alle mamme bovine e ai loro figlioletti (misto a cacca ed urina, come dimostra la storia della melammina che sta facendo in questi giorni il giro del mondo).
Non siamo dunque affetti da antropocentrismo marcio e becero.
Siamo piuttosto, o almeno cerchiamo di essere, dei filosofi che stanno qui per sopravvivere come tutti gli altri, ma anche per osservare e capire le cose del mondo senza le costrizioni e le pastoie dei miserabili credi terreni, corrotti e corrosi dal fanatismo e dal materialismo spirituale di chi considera la vita presente come una palestra di lancio per una vita eterna piena di premi, di fanciulle graziose e di harem.
Le fanciulle graziose e gli harem vanno bene solo qui e oggi, per chi può e per chi se lo merita, e per chi riesce nell’impresa.
Sia qui che negli altri regni si vive giorno per giorno, e non per accumulazioni di meriti paradisiaci e di castighi infernali.
Dio non crede troppo alle soluzioni cervellotiche, ama fare i conti alla svelta.
Non siamo dei luridi calcolatori armati di sveglia e pallottoliere pronti ad indicarci a che ora pregare, a che ora andare a messa, e quante giaculatorie e mantra pronunciare per aggraziarci un Dio non vorremmo mai offendere e sottovalutare, visto che non e’ scemo, banale e deficiente nella misura in cui tutti voi falsi-credenti e falsi-profeti pensate.
Ma, non capirci male, anche se Dio non esistesse per niente, continueremmo ugualmente ad essere vegetariani e animali già la coscienza pulita di non aver offeso e massacrato un nostro fratello a due o quattro gambe, ci fa stare meglio e ci fa toccare il cielo con un dito.

Cosa vuole Dio da noi?
Non servono lauree in giurisprudenza e titoli in teologia, per capire cos’e’ buono e cos’e’ cattivo.

Se proprio Egli esiste, se proprio Egli vuole qualcosa da noi, si potrà trattare soltanto di consistente concretezza nel bene e nel rispetto delle regole, di genuina bontà, di mani linde e profumate, non insozzate di sangue, di comportamenti lineari, amichevoli, pacifici e costruttivi, e non di azioni farisaiche.
Il mondo e’ pieno di falsi profeti, di teste calde pronte ad immolarsi per cause giuste ma soprattutto per cause sbagliate.
In effetti tutte le cause sono sbagliate, perché immolarsi è già di per s un atto diseducativo, tragico e di disobbedienza verso il creatore.
Ma certe religioni incoraggiano persino tali nefandezze, promettendo inesistenti paradisi e premi ai poveri imbecilli che ci cascano.
Noi ascoltiamo umilmente tutti, e ci misuriamo senza problemi con le varie fedi, purché l’interlocutore di turno si presenti altrettanto umilmente con voglia di imparare e di conoscere, od anche con voglia di contestare, purché abbia con sse’s dei valori aggiunti, e sia attrezzato in tal caso di argomenti logici e scientifici, e non sia invece accecato da quei pregiudizi, da quelle immotivate ambizioni di predominio ideologico che sono tipiche di tutte le religioni dotate di libro e di luoghi di culto.
Non servono lauree in giurisprudenza e nemmeno titoli accademici in teologia, non servono ragionamenti cattedratici, non servono indottrinamenti di alcun genere, per capire cosa e’ giusto e cosa e’ sbagliato, cosa e’ buono e cosa e’ cattivo, cosa e’ bello e cosa e’ brutto nella nostra vita quotidiana.
Basta fare uso razionale di noi stessi, basta avere occhi, orecchi, cuore e sentimenti liberi, aperti e ricettivi.
Basta non voler stravolgere la controparte, e gli argomenti che essa propone. Basta non usare le armi della astuzia e della retorica.
Se il Kalim, anziché licenziare dalla sua penna la sua teorizzazione antropocentrica ed anti-animalista senza capo ne’ coda avesse detto più semplicemente che
Noi islamici non mangiamo il maiale, ma banchettiamo impunemente con mummie di bovini, di montoni e di cammelli, accuratamente ripulite e sgocciolate dal loro sangue impuro, e pertanto chiunque si pone di traverso ai nostri inveterati usi e costumi ci sta francamente sulle palle, e disturba pure le vaste masse musulmane che seguono tali regole e si approvvigionano presso i magazzini halal, avremmo magari dissentito ed ironizzato amichevolmente, ma lo avremmo apprezzato per la franchezza e l’onesta’ intellettuale.
Il suo voler invece pontificare, lanciare proclami e invettive, atteggiarsi a pubblico accusatore, a maestro di logica e coerenza, senza possedere gli strumenti cognitivi e scientifici, gli attrezzi morali e filosofici del pensatore trasparente, libero e indipendente, lo ha ahimè trasformato ai nostri occhi in un quaqquaraqua’ che parla dove la lingua tira, in un pupazzo recitante nelle mani di un movimento religioso maggioritario e rispettabile fin che si vuole, nella misura in cui si limita a praticare le proprie credenze con umiltà e modestia, ma di un movimento deleterio e schizofrenico ogniqualvolta pretende di salire in cattedra e dettare al mondo le sue leggi arcaiche ed indisponenti.

Scarpe, borse, cinture e portafogli in cuoio.
L’unica parte accettabile di tutto il discorso.

Quanto all’accusa di incoerenza, contro chi si scandalizza per l’ermellino papale e le pellicce di visone delle signore-bene, e poi va disinvoltamente alla steak-house, calzando spesso scarpe di cuoio, cinture di cuoio, e pagando con banconote custodite in portafogli di cuoio, possiamo essere d’accordo con Kalim.
Il rigore e la linearità sono indispensabili se si vuole essere razionali e coerenti.
Nessuno di noi e’ attualmente immune da queste leggerezze, o meglio ancora da queste costrizioni imposteci dal mercato.
Ma, di sicuro, noi normalissime persone senzienti, noi genuini e non ipocriti animalisti da due soldi, non andiamo al ristorante che serve mummie, cadaverine e materiale da obitorio chiamato impropriamente carne e, se talvolta lo facciamo per emergenza o per stare con qualcuno che non ha le nostre attenzioni, ci facciamo servire solo un bel piatto di verdure, di patate e di cereali, ben consci che, ordinare un pezzo di salma animale, significa non solo offendere un caro defunto a quattro gambe morto ammazzato, ma significa anche infliggere altre cento coltellate al cuore ad altrettante creature che sono al momento in vita da qualche parte, e che non ci e’ dato neppure di conoscere.
Tu sostieni che in questo nostro modo di fare noi esalteremmo l’importanza degli animali e degraderemmo l’importanza degli uomini.
Quando sarai in grado di spiegare ragionevolmente tale frase, ti assegneremo il premio Nobel per la chiarezza.
A volte ci dimentichiamo di essere rigorosi con le calzature e il resto, anche perche’ le industrie conciarie hanno universalizzato a loro vantaggio le materie prime, le mode e i prodotti disponibili.
Persino scegliendo materiale sintetico, esistono sempre delle parti inquinate dal cuoio.
Tale peccato e’ comunque molto piu’ veniale e scusabile di quello della carne, perche’ se gli animali morissero di vecchiaia, senza l’orrore della macellazione in vita, si potrebbe sempre utilizzare il loro cuoio, senza dal loro dolore e fastidio.
Ringraziamo Kalim per questo appunto accettabile, che rappresenta pero’ l’unica parte salvabile di tutto il suo discorso.

Kuala Lumpur (Malaysia), 16 Ottobre 2008