ENTE PROTEZIONE CANI GATTI E MACELLAI

{jcomments on}26 Luglio 2008

Esiste un Ente in Italia (e ce ne sono tanti altri simili nel resto del mondo) che riceve supporto e soldi dallo stato e dalle istituzioni, e che si chiama pomposamente ENPA, ovvero Ente Nazionale per la Protezione degli Animali. Un ente benefico che dovrebbe meritare ammirazione e supporto incondizionato da parte di tutti.
Proteggere gli animali è una frase importante che riempie la bocca. Proteggere gli animali è un fine nobile.
Possedere una organizzazione del genere serve pure a tacitare le nostre coscienze, a farci sentire tranquilli e sereni in una società civile e sviluppata, dotata di tenerezze e sensi di misericordia, di slanci altruistici verso i deboli e gli indifesi, dove qualcuno sta attento a far quadrato intorno ai miliardi di creature ricoperte di pelo e piume che respirano e vivono gomito a gomito con la evoluta specie umana, subendo una serie orribile di tradimenti, di ingiustizie e di persecuzioni giornaliere.

Ma, nella realtà, la Protezione Animali non protegge un bel niente, e finisce per oltraggiare ulteriormente gli animali stessi, per aggravare ancora di più la loro situazione di prigionia e di sottomissione, di continuato e sistematico massacro.
Al punto che, se questo ente non esistesse del tutto, gli animali nel loro assieme avrebbero molte più possibilità di emanciparsi e di migliorare il loro disgraziato e subalterno rapporto con quegli inaffidabili fratelli maggiori che si chiamano uomini.
Che serve dannarsi? Che serve darsi da fare per gli animali?
Molta gente non si sforza di muovere nemmeno un dito in favore delle bestiole, di quelle piccole e grosse creature vergognosamente tiranneggiate dall’uomo.
Tanto c’è già l’Enpa che sta lì a fare appositamente questo lavoro.
La realtà è che l’ENPA dovrebbe cambiar nome e chiamarsi EDCA, ovvero Ente per la Condanna Definitiva degli Animali, proprio per il ruolo effettivo che ha e rappresenta, per la sua politica ambigua e limitata che tradisce i veri interessi degli animali operando una subdola differenziazione razziale tra animali domestici di compagnia (cani, gatti e simili) e animali da carne, considerati come veri e propri sacchi di patate dotati di muso e orecchie, ma privi di anima e di dignità, privi di emozioni e sentimenti, privi di madre e padre, e pertanto non meritevoli di protezione, e da lasciarsi alla totale e indisturbata mercè di allevatori e di macellai.
Quanto agli animali selvatici, la difesa si limita anche qui alle specie protette soltanto, mentre per anatre, fagiani, starne, lepri, conigli selvatici, cinghiali e così via, l’Enpa si lava di nuovo le mani e lascia tutte queste povere bestiole in balia della peggior congrega armata possibile che è quella dei cacciatori dal grilletto facile e dalla ferma determinazione ad uccidere.
Devono infatti coprire le spese e far quadrare i conti. Ai maggiorati costi per la licenza  deve corrispondere una maggior quota di povere bestie annientate dai pallini di piombo.
Difendere cani e gatti non è necessariamente una cosa negativa, a condizione però di non creare distinzioni, preferenze, differenziazioni.
Giustissimo criminalizzare gli incoscienti che tengono con sé delle bestiole solo fino a quando gli fa comodo e poi, all’arrivo delle ferie estive, non vedono l’ora di liberarsene.
Ma perché allora non criminalizzare e demonizzare, con tutta la franchezza e la ruvidità che il caso richiede, chi le bestie non le maltratta una volta l’anno, ma a tutte le ore e in tutti i giorni e le notti dell’anno, incluso i sabati e le domeniche?
Chi le tortura col tipo di carcerazione dura, dove i movimenti sono ridotti ormai a pochi centimetri, dove ingravidazione e allattamento, parto e filiazione, vengono gestiti nei modi più infami e disumani che si possano immaginare, con alimentazioni finalizzate solo a far crescere di peso rapidamente l’animale, con una eliminazione finale le cui modalità conoscono atroci e allucinanti momenti di terrore e di agonia, sia per gli animali che per chi prende a cuore le loro difese.
Proteggiamo gli animali o proteggiamo invece i macellai e i loro compari massacratori?
L’Enpa è dunque non un’ancora di salvezza, ma solo una ulteriore spina nel fianco, per queste tartassate creature.
Esso serve infatti a dare una parvenza di protezione agli animali stessi, serve a tacitare gli animi, a consolare la precaria e falsa coscienza degli uomini, a illuderli che c’è qualcuno tra i potenti della nazione che difende socialmente, legalmente e concretamente gli interessi e i diritti di ogni mucca, di ogni cavallo, di ogni maialino, di ogni struzzo, coniglio, pesce, anatra, gallina, pecora, capra e rana.
Ed è proprio sotto questo equivoco aspetto di para-rimorsi e para-azioni di concreta e solida protezione, che l’Enpa appare in tutte le sue carenze, la sua ipocrisia, la sua impotenza, le sue miserie.
Essere protetti da qualcuno che non ti protegge affatto, è come costringere le creature vilipese della terra, che già sono prive di vestiti, ad affrontare prive di giubbotti anti-proiettile le scariche micidiali dei loro fucilieri e dei loro aguzzini.